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Salvo i rarissimi casi in cui la nostra professione ci spinga a viaggiare di continuo a tenere perennemente un trolley sotto il letto in caso di emergenza, nel corso della nostra vita ci capita spesso di diventare talmente assuefatti alle nostre abitudini da spingere il nostro corpo ad una rivolta armata, ogni qualvolta ci concediamo una breve vacanza.

Basta sbarcare da un traghetto, mettere piede in un aeroporto poco familiare, parcheggiare la macchina davanti ad un albergo in alta quota e subito stomaco, intestino, duodeno e fegato cominciano ad esprimere il loro disappunto per la perdita dei loro abituali riferimenti, cercando di convincerci, attraverso segnali non molto ortodossi, ad invertire la rotta il prima possibile.

Se ormai abbiamo imparato ad attrezzarci contro “diarree del viaggiatore” e problematiche digestive di varia natura, cosa accade quando sono invece i denti a ribellarsi e l’unica persona alla quale è consentito guardarci in bocca, senza rischiare l’amputazione di tutte e cinque le dita, si trova a migliaia di chilometri di distanza?

Alla domanda ha recentemente tentato di rispondere Marco Turco, responsabile dei programmi di cura dei centri Samadent, che dalle colonne digitali del quotidiano La Stampa, ha fornito un rapido prontuario per il malcapitato viaggiatore afflitto da otturazioni che saltano nel bel mezzo di un deserto e da ponti che si lasciano andare proprio mentre ci troviamo a 10 chilometri al alrgo della spiaggia più vicina.

Bisogna innanzitutto, cercare di preservare lo stato delle otturazioni esistenti, mantenendo costante il livello di pulizia dentale ed evitando bevande troppo fredde: in caso il piccolo tappo decida comunque di saltare; conviene tamponare l’emergenza con un batuffolo di ovatta e rivolgersi alla farmacia più vicina per acquistare un apposito kit di automedicazione a base di eugenolo.

In caso siano invece capsule e ponti a staccarsi dalla loro sede, è possibile fare ricorso ad un particolare cemento, disponibile in ogni farmacia, e riattaccare in via del tutto provvisoria la struttura che ha improvvisamente ceduto, affidandosi alle istruzioni contenute nel preparato e confidando nella sua tenuta fino al giorno del rientro.

Qualora si rompa o si scheggi uno dei nostri denti, l’esperto raccomanda di evitare il ricorso al ghiaccio (in grado di infiammare la zona) e di assumere medicinali di tipo antiinfiammatorio o analgesico per limitare il dolore; è utile, poi, conservare la porzione di dente venuta meno all’interno di una soluzione composta da acqua e sale per mantenerne idratata la struttura.

In caso di ascesso si può invece ricorrere al ghiaccio (finalmente!) e applicarlo sulla guancia per tenere a bada il dolore lancinante e, parallelamente, cercare di contattare una guardia medica per ricevere istruzioni sulla terapia antibiotica da effettuare al fine di debellare l’infezione.

Se i vostri denti, infine, godessero di una salute invidiabile, ma fossero le vostre gengive ad infiammarsi, Marco Trurco consiglia di masticare foglie di salvia, dalle note proprietà antisettiche, più volte al giorno, oppure di ricorrere ad un collutorio a base di Clorexidina per ridurre l’infiammazione.

Sperando vivamente che tutti questi consigli vi siano meno utili di un rilevatore di pinguini al Polo Nord e che i vostri denti si comportino da persone mature quali sono durante tutta la durata del vostro soggiorno; suggeriamo comunque di seguire alla lettera le raccomandazioni degli esperti e di sedare la rivolta armata sul nascere, prima che qualche altro organo si associ alla guerriglia e vi costringa ad un ritorno anticipato a quelle abitudini talmente care da divenire persino noiose.

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